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Le Federazioni delle professioni sanitarie concordano con i sindacati: va difesa la natura pubblica solidale e universale e l’uguaglianza e l’equità del Servizio Sanitario Nazionale

Le Federazioni delle professioni sanitarie (infermieri, ostetriche, tecnici di radiologia e delle professioni sanitarie, tecniche della riabilitazione e della prevenzione), in tutto circa 750 mila iscritti, concordano con lo spirito della manifestazione indetta l’8 giugno da Cgil, Cisl, Uil #futuroèpubblico: uguaglianza, solidarietà, universalismo ed equità sono i principi base del Servizio sanitario che è e restare pubblico e nazionale.

In questo senso, le Federazioni di tutte le professioni sanitarie e sociali, insieme a medici, veterinari, psicologi, farmacisti, biologi, chimici, fisici, assistenti sociali, hanno già chiarito la loro posizione e costituito un fronte comune per la difesa del Servizio sanitario pubblico, avviando con il ministero della Salute tavoli di confronto sulle politiche sanitarie.

Ora, con l’approssimarsi della nuova tornata contrattuale, le tre Federazioni chiedono, in sintonia con lo spirito della manifestazione confederale, un nuovo contratto che sviluppi le basi gettate da quello sottoscritto lo scorso anno, costruendo un percorso spendibile, fortemente collegato ai bisogni del Paese e alle possibilità normative esistenti, o da poter sviluppare, in cui le professioni siano valorizzate professionalmente ed economicamente con maggiori investimenti. Occorrono più formazione, innovazione dei modelli organizzativi e tecnologici, anche per rafforzare gli organici del servizio pubblico, decimati da anni di blocchi delle assunzioni e del turn over.

“Chiediamo possibilità di carriera certa e per tutti, tutti coloro che se lo meritano, si intende; ricambio generazionale con la copertura delle attuali, gravissime, carenze di organici; funzioni avanzate e specializzazioni che non restino solo sulla carta e che siano supportate anche da una reale riforma del sistema di classificazione. Chiediamo, ancora, recupero retributivo degno di questo nome e non solo grazie allo sforzo delle Regioni, ma per implicito riconoscimento a livello centrale della professionalità che ci viene chiesta; difesa della professione da una cattiva organizzazione e da uno scarso livello di programmazione e dalla continua necessità di risparmio che non può più essere fatta sulla pelle dei professionisti e dei cittadini ai quali va garantita un’estensione del perimetro pubblico e non invece una sua riduzione”, hanno dichiarato le tre Federazioni.

Assunzioni e contratti, quindi, con il miglioramento della qualità dei servizi ai cittadini e investimenti sull’innovazione e la copertura territoriale adeguata dei servizi fondamentali e dei livelli essenziali, recupero della dignità professionale dei lavoratori dei servizi socio sanitari pubblici: argomenti in piena sintonia con le rivendicazioni confederali che dopo un contratto di transizione rappresentino il punto di partenza verso un’evoluzione reale delle professioni, un modello di nuova assistenza, che possa crescere culturalmente avendo chiara l’immagine di ciò che sarà la sua evoluzione professionale, normativa ed epidemiologica nei prossimi dieci anni, anche in piena sinergia tra professioni e sindacati.