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FNOPI su Report nazionale Aopi: “Senza infermieri si perde qualità dell’assistenza e aumenta il rischio di mortalità”

Il Servizio sanitario nazionale senza professionisti e management all’altezza, impegnati in un’assistenza di qualità e nella sicurezza delle cure, sarebbe naufragato da un pezzo. Ma se l’appello lanciato dal presidente Fiaso, Francesco Ripa di Meana, alla presentazione del Report Aopi, l’Associazione degli ospedali pediatrici italiani, sull’assistenza nelle strutture pediatriche è per un cambio di passo che preveda nuovi modelli di assistenza, nuove tecnologie e un grande piano di assunzioni, è bene che i decisori politici guardino con attenzione il rovescio della medaglia, quello cioè che accadrebbe senza la buona volontà di chi gestisce e offre assistenza, se non si metteranno davvero in campo questi cambiamenti”.

Barbara Mangiacavalli, presidente della Federazione nazionale degli Ordini delle professioni infermieristiche (FNOPI), commenta lo studio realizzato dal Gruppo di studio italiano RN4CAST@IT-Ped, ribadendo che è la volontà dei professionisti e la capacità manageriale delle aziende che finora ha garantito qualità e sicurezza, ma sottolineando che non per questo devono sfuggire i rischi che si corrono senza un cambio di passo nel sistema.

Gli infermieri in area pediatrica hanno in media circa 2,5 assistiti in più di quelli che sarebbero i numeri ottimali: per ogni paziente extra il rischio di mortalità a 30 giorni aumenta del 7%. Un dato che si traduce in un aumento del rischio di circa il 17-18 per cento.

Per il 10% di attività infermieristiche mancate (quelle proprie dell’assistenza di questi professionisti) il rischio di mortalità cresce questa volta del 16%, sempre a 30 giorni dal ricovero dei piccoli pazienti: la media rilevata dallo studio in Italia è di circa il 5%, che si traduce in un rischio di mortalità dell’8% in più.

Sommati, i due dati portano a un aumento del rischio di mortalità del 25-26%, inaccettabile se legato a queste cause. E soprattutto perché per di più si parla di bambini”, commenta Mangiacavalli.

Che aggiunge: “Sono dati che grazie alla buona volontà dei professionisti e alla capacità del management delle aziende non si sono realizzati, ma il livello di allarme è alto e di questo si deve tenere conto in modo determinante al momento della scelta delle politiche di programmazione.  Oggi abbiamo una carenza di infermieri in costante aumento. Senza contare ‘Quota 100’ al tavolo del fabbisogno dei posti per i corsi di laurea, dove la FNOPI è presente con il ministero della Salute e le Regioni, la Federazione ha evidenziato che rispetto alla domanda dei cittadini ci sono circa 30.000 infermieri in meno che diventeranno 58.000 in meno nel 2023; circa 71.000 in meno nel 2028 e quasi 90.000 in meno nel 2033”.

Se poi a questi dati che rispecchiano gli effetti dei blocchi di turn over e di Quota 100 ai aggiunge che secondo lo studio Aopi il 25% circa degli infermieri delle pediatrie sono insoddisfatti del proprio lavoro e lascerebbero, se potessero, l’impiego nell’ospedale nel giro di un anno, l’allarme diventa un vero e proprio allarme rosso. E ancora se a questo si aggiunge che sempre lo studio ha verificato un burnout infermieristico (associato alla volontà di assicurare elevati livelli di qualità che non possono raggiungere mentre riscontrano l’insoddisfazione dei pazienti oltre alla loro volontà di cambiare il proprio ruolo o lasciare il lavoro) che sfiora il 20%, il quadro della situazione è davvero a rischio di naufragio evitato finora solo, come sottolinea il presidente Aopi e Dg del Gaslini Paolo Petralia, dalla buona organizzazione aziendale che ha fatto fronte alle carenze di personale e ha permesso di garantire comunque una buona qualità delle cure e la messa in sicurezza dei pazienti”.

Mancano tanti professionisti – conclude Mangiacavalli – e come dimostra lo studio a mancare in modo allarmante sono gli infermieri. Quei professionisti cioè che prendono in carico il malato dopo qualunque intervento abbia subìto e fino alle sue dimissioni. Quei professionisti che hanno il compito di seguirlo in ospedale come a domicilio per assicurare che si curi, lo faccia bene e non abbia complicazioni e se queste dovessero subentrare, a casa come in ospedale, far scattare il giusto allarme con tutti gli interventi che, come dimostrano i dati, sono anche salvavita”.