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Infermieri pivot nell’assistenza agli anziani: “Dall’assistenza domiciliare all’infermiere di famiglia è nostro compito non lasciarli mai soli e risolvere i loro bisogni di salute e innalzare la qualità di vita”

“Gli infermieri sono pronti ad assistere gli anziani. A casa loro e accanto a loro. È uno dei nostri primi target sul territorio e l’infermiere di famiglia che sta nascendo in tutte le regioni con il nuovo Patto per la salute e le proposte di legge di maggioranza presenti in Parlamento ne è la prova e la soluzione ai loro bisogni di salute”.

Barbara Mangiacavalli, presidente ella Federazione nazionale degli oltre 450mila infermieri – la Federazione più grande d’Italia – ordini delle professioni infermieristiche, interviene così a Rimini alla cerimonia di apertura del congresso nazionale Senior Italia FederAnziani, la federazione delle associazioni della terza età fondata nel 2006 con lo scopo di tutelare i diritti e migliorare la qualità della vita delle persone Senior. Senior Italia FederAnziani riunisce numerose associazioni per un totale di 3.700 Centri Sociali per Anziani (CSA) su tutto il territorio nazionale ed oltre 3,8 milioni di persone aderenti.

L’anziano sano – spiega Mangiacavalli – deve cercare quanto più possibile di mantenere il benessere, ma spesso è soggetto a patologie croniche e, speriamo il meno possibile, a non autosufficienza che ne limitano la qualità della vita. C’è bisogno di assistenza quindi. Nel 2028, tra la popolazione della classe di età 45-74 anni, gli ipertesi saranno 7 milioni, quelli affetti da artrosi/artrite 6 milioni, i malati di osteoporosi 2,6 milioni, i malati di diabete circa 2 milioni e i malati di cuore più di 1 milione. Inoltre, tra gli italiani ultra 75enni 4 milioni saranno affetti da ipertensione o artrosi/artrite, 2,5 milioni da osteoporosi, 1,5 milioni da diabete e 1,3 milioni da patologie cardiache”.

Secondo gli ultimi dati Eurostat l’Italia è già al primo posto nel 2018 in Europa per percentuale di over 65: 35,2% (circa 21 milioni), contro una media Ue del 30,5 per cento. La buona notizia è che nel 2050 l’Italia non è più prima e a batterla è il Portogallo con il 65,8% di ultrasessantacinquenni, ma la cattiva notizia è che il nostro paese è al secondo posto con ben il 64,7 per cento. E le cose peggiorano dopo altri 50 anni, nel 2100, quando la Croazia è al top col 71,7%, l’Italia raggiunge il 66,7%: oltre due terzi della popolazione è over 65.

E ancora. In un anno sono stati trattati secondo le rilevazioni del ministero della Salute poco meno di un milione di casi di assistenza domiciliare integrata – nell’80% dei casi da infermieri -, di cui nell’82,3% dei casi si è trattato di anziani. Ma gli over 65 nel nostro paese superano ormai i 13,6 milioni e la maggior parte ha bisogni di salute.

Un servizio sanitario universalistico, equo e solidale – prosegue Mangiacavalli – dovrebbe garantire assistenza a tutti sul territorio. Ma sempre secondo gli ultimi dati forniti dal ministero della Salute, riferiti al 2017, l’assistenza domiciliare integrata ha garantito 1,014 milioni di casi trattati, solo 1.677 per 100mila abitanti, di cui l’83,7% anziani e l’8,8% pazienti terminali. E di questi gli infermieri, sempre secondo i dati, si occupano cinque -sei volt di più delle altre professioni.  Dati numericamente in aumento rispetto a dieci anni prima di circa 540mila casi, ma che a livello percentuale si traducono in una crescita del 2,5% per gli anziani e addirittura in un calo del -0,1% per i pazienti terminali”.

Non va certo meglio a livello di singola Provincia. Secondo gli ultimi dati Istat Gli indici ISTAT solo l’1,2% di anziani (over 65) in Italia ha usufruito dell’assistenza domiciliare integrata nel 2015: -0,6% rispetto a dieci anni prima, nel 2005, quando erano l’1,9 per cento. A livello provinciale poi la percentuale maggiore di anziani assistiti in ADI nel 2015 è stata a Bolzano (4,9%), seguita da Aosta (4,7%), Belluno (3,8%) e quindi una provincia del Sud, Ogliastra in Sardegna con 3,6 per cento. Quella minore a Pisa (0,1%) e a Perugia e Pistoia (entrambi 0,2%). E comunque sono sotto l’1% 53 Province e la media nazionale si ferma all’1,2 per cento. Per,3%) mentre l’aumento più consistente è ad Aosta (+2.3%).

L’infermiere – continua Mangiacavalli – ha vissuto nell’ultimo decennio un forte processo di professionalizzazione nella gestione del paziente anziano (formazione accademica di base e post base, formazione permanente d’aula e on-stage e di ridefinizione giuridico professionale) che lo pone nella possibilità di agire con nuove competenze e di assumere funzioni innovative quali ad esempio quella di ‘case manager’ per un efficace mantenimento della continuità assistenziale”.

È la figura costantemente presente nei team assistenziali – aggiunge – ed è colui che, indipendentemente dai setting in cui opera, può ricoprire un ruolo significativo sia nella gestione della fragilità che della complessità evidenziata dalla persona assistita, in questo caso del malato anziano, nella sua presa in carico, promozione dell’auto-cura, supporto alla rete parentale non che mantenimento della continuità del percorso clinico assistenziale. La difficoltà delle conoscenze, delle capacità e abilità richieste per fornire un tipo di assistenza geriatrica che possa definirsi adeguata, implica la necessità che gli infermieri specializzati in quest’area sviluppino e posseggano particolari attitudini accanto ad una specifica apertura mentale e profonda comprensione e sensibilità”.

L’infermiere geriatrico oggi, quindi, è il risultato di un processo clinico – assistenziale e sociale importante e in questo senso deve essere sviluppata e codificata la specializzazione, così come dovrebbe esserlo per chiunque operi in sanità accanto al malato, a questo nuovo malato che invecchia sempre di più.

“Tutto questo le famiglie italiane lo sanno, soprattutto se tra loro ci sono non autosufficienti che richiedono prestazioni tutte infermieristiche, con una matrice ampia e articolata, con più o meno elevata tecnicità, che però richiede in ogni caso l’intervento di un infermiere”, sottolinea la presidente FNOPI”.

Anche per questo – conclude – la priorità per il futuro è per quasi l’80% degli italiani l’istituzione della figura dell’infermiere sul territorio, analoga a quella del medico di medicina generale: l’infermiere di famiglia. Una figura molto apprezzata da tutti e su cui sono presenti due recenti proposte di legge in Parlamento, che rende ottimale l’assistenza in un settore chiave per ridurre l’utilizzo improprio dell’ospedale. Questi professionisti, oltre a dare assistenza ai pazienti, possono facilitare il percorso tra le strutture ospedaliere, le strutture territoriali e, sul territorio, tra i medici di famiglia e gli altri attori dell’assistenza e coordinare le attività assistenziali a livello territoriale e domiciliare. Tra gli obiettivi c’è la riduzione delle ospedalizzazioni evitabili e il ricorso improprio al pronto soccorso a favore dei pazienti. Anziani in testa ovviamente”.