“Mancano Professionisti, mancano anche gli infermieri, tutti lanciano il loro grido di allarme, nessuno si sottrae. A mancare, però, è soprattutto un serio ed equilibrato rapporto tra i professionisti che si realizzi attraverso lo sviluppo delle competenze”. Così la Federazione nazionale degli Ordini degli infermieri che rappresenta oltre 447mila professionisti ed è l’Ordine più grande d’Italia si rivolge al nuovo Governo nel giorno del suo giuramento e al Parlamento eletto il 4 marzo con una lettera a firma della presidente Barbara Mangiacavalli.
“Il Paese ha bisogno di infermieri e di infermieristica. Eppure il SSN vede un costante decremento del numero di professionisti in Sanità e conseguentemente una sempre minore capacità di rispondere ai bisogni di salute della popolazione. Su questa impostazione la comunità degli infermieri chiama a un confronto esplicito la politica Nazionale e Regionale”.
E la FNOPI sottolinea che le condizioni di chi oggi assicura il servizio e l’assistenza sono in questo modo ogni giorno che passa sempre a maggior rischio. Oltre ai problemi di turni di lavoro massacranti e di condizioni fisiche di lavoro spesso estenuanti, ci sono professionisti in età sempre più avanzata, senza ricambi generazionali: tra gli infermieri dipendenti, sempre per colpa del blocco del turn over, oltre il 38% ha più di 50 anni. Inoltre, senza una integrazione degli organici, i pensionamenti dei prossimi anni fanno prevedere una situazione di vero allarme per il personale.
In Italia ci sono molto meno infermieri della media OCSE (5,4 per mille abitanti contro la media di 9), in particolare se rapportato al numero dei medici. Inoltre, l’OCSE sostiene che un maggior coinvolgimento dei pazienti nei processi decisionali, una migliore informazione sulle prescrizioni inadeguate e l’introduzione di più infermieri potrebbero migliorare un sistema già tra i migliori dei 29 Paesi OCSE.
Con uno sguardo al contesto in cui il Paese si trova, il ruolo degli infermieri è destinato ad avere sempre maggiore importanza nel futuro:
- cronicità e progressivo invecchiamento della popolazione causano un aumento dei bisogni assistenziali (area largamente presidiata dagli infermieri) rispetto a quelli strettamente clinici;
- la crescita professionale degli infermieri permette di allargare il loro perimetro di azione alleggerendo il lavoro medico e consentendo ai medici stessi di focalizzarsi sulle aree di cura in cui fanno realmente la differenza (i medici sono una risorsa più scarsa e costosa e vanno impiegati dopo avere “saturato” le potenzialità infermieristiche).
FNOPI è consapevole che allarmi di taglio “settoriale” sono lanciati periodicamente: mancano medici negli ospedali, mancano infermieri, mancano medici di famiglia. L’esigenza impellente, spiega la lettera, è tuttavia di modificare la composizione del personale nel quadro di invarianza delle risorse, con uno sguardo responsabile sulla situazione economica del Paese. Da questo punto di vista, il vincolo reale con cui il sistema deve fare i conti non è – o non solo e comunque non prioritariamente – quello di una carenza di una specifica professione sanitaria, ma delle risorse a disposizione per assumere il personale nel suo insieme.
Dato il contesto, la proposta che la Federazione degli infermieri avanza è di strutturare un’assistenza in funzione dei bisogni di continuità dei cittadini con presenza dei professionisti sul territorio.
La FNOPI ha calcolato che per far fronte nell’immediato al bisogno di salute sul territorio delle persone con patologie croniche e non autosufficienza, oltre ai medici di medicina generale per quel che attiene alla diagnosi e alla terapia, servono per l’assistenza continua di cui questi soggetti hanno bisogno almeno 31mila infermieri (uno ogni 500 persone con queste caratteristiche, che in Italia sono oltre 16 milioni).
Analogamente in ospedale, per far fronte alle carenze create dalle manovre legate a tagli e risparmi e per rispettare i parametri dettati dalle norme europee su turni e orari di lavoro, servono almeno altri 21mila infermieri, ricomponendo anche le carenze create dai vari blocchi del turn over. La proiezione con questo andamento è quella di un fabbisogno al 2021 di ben 63.000 infermieri che mancheranno all’appello.
Lo scenario da ricercare è quindi quello di una “trasformazione strutturale” nell’ organizzazione del lavoro che deve riuscire a produrre un sistema a maggiore focalizzazione e specializzazione per lasciare spazio ad altre figure, in linea con quanto indicato dagli organismi internazionali.
“Dobbiamo riuscire – afferma la presidente FNOPI Barbara Mangiacavalli – ad aumentare rapidamente il rapporto infermieri/medici per accompagnare l’evoluzione dei bisogni e migliorare appropriatezza e sostenibilità del sistema, soprattutto nelle regioni in cui demografia ed epidemiologia rendono il gap tra bisogni e offerta più ampio”.
Per realizzare l’obiettivo è necessario:
- definire target espliciti di rapporto infermieri/medici da raggiungere entro periodi determinati;
- accompagnare i cambiamenti con azioni (sperimentazioni, formazione, trasferimento di esperienze, …) che aiutino l’evoluzione del sistema verso una minore densità medica (vedi distribuzione dei compiti tra medici e infermieri in UK).
“Una soluzione di breve periodo – aggiunge – che consentirebbe una giusta programmazione delle risorse e al contempo l’espletamento delle funzioni richieste sul territorio e sulla continuità assistenziale, sarebbe quella di investire sull’autonomia infermieristica, puntando ad agire su competenze oggi contendibili per dare da subito risposte concrete, di qualità e di sicurezza alla popolazione”.
“Competenze – si legge nella lettera – che consentirebbero un miglior sviluppo di strutture a bassa intensità di cura (ospedali di comunità, reparti a gestione infermieristica, percorsi autonomi di trattamento dei casi minori nei Pronto Soccorso ecc.), permettendo un maggiore raccordo tra ospedale e territorio, abbattendo le liste di attesa e consentendo di venire incontro a un maggior numero di bisogni dei cittadini“.
Competenze per le quali si dovrebbe disegnare un preciso percorso universitario che abbia poi la sua collocazione a livello gestionale nelle strutture del SSN.
“Tutto questo gettando i presupposti di un’azione di Governo e non di singole professioni, anche se queste sono pronte a dare il loro preciso sostegno, per garantire sicurezza ai professionisti e di riflesso ai loro assistiti, cosa che oggi – come appare dalle cronache – è messa in serio dubbio da fatti e avvenimenti che non consentono l’esercizio della professione – tutte, non solo quella infermieristica che tuttavia in questo senso è di prima linea e front office rispetto ai cittadini – con la dovuta serenità e certezza delle necessaria tutela”.
“Il sistema è complesso – conclude Mangiacavalli nella lettera – e non vogliamo banalizzarlo attraverso slogan o renderlo malleabile alle nostre istanze. La sanità ha bisogno di appropriatezza: garantire che il giusto professionista possa essere messo in grado di rispondere alle necessità con un bilanciato utilizzo di risorse e nella maggiore autonomia possibile. Serve tuttavia una visione più ampia e coraggiosa: gli infermieri sono qui ad illustrarvi cosa serve al Paese, non cosa serve alle professioni.
Lo ripetiamo: mancano professionisti, mancano anche gli infermieri, tutti lanciano il loro grido di allarme, nessuno si sottrae. A mancare, però, è soprattutto un serio ed equilibrato rapporto tra i professionisti che si realizzi attraverso lo sviluppo delle competenze. Una scelta politica razionale oggi può condizionare il futuro dell’assistenza sanitaria per i prossimi 30 anni”.