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Ricognizione FNOPI sull’applicazione del Piano Nazionale Cronicità

Le malattie croniche nel 2020 si stima che rappresenteranno l’80% di tutte le patologie nel mondo. Impegnano il 70-80% delle risorse sanitarie a livello mondiale. In Europa sono responsabili dell’86% di tutti i decessi e di una spesa sanitaria annua valutabile in 700 miliardi di euro; 24 milioni le persone che in Italia nel 2017 ne soffrono, quasi 67 miliardi di euro la spesa complessiva in Italia.

L’Italia ha un Piano Nazionale Cronicità da settembre 2016, ma solo sedici Regioni lo hanno recepito, cinque ancora non danno segnali di attenzione e tra chi lo ha recepito solo quattro Regioni lo hanno fatto entro un anno, altre tre entro due e le altre sono arrivate fino ai 33 mesi della Calabria che tuttavia, a onor del vero, lo ha recepito subito dopo l’insediamento del commissario legato al “decreto Calabria”.

L’analisi e la ricognizione sugli atti di recepimento di questo tassello importante per l’assistenza ai malati cronici sempre in aumento e sul territorio ancora sguarnito, l’ha fatta Tonino Aceti, portavoce della Federazione nazionale degli Ordini delle professioni infermieristiche, la più numerosa d’Itala con oltre 450mila iscritti che fanno proprio dell’assistenza sul territorio – programmazione permettendo – il loro cavallo di battaglia.

Il testo è pubblicato sul sito istituzionale della Federazione (www.fnopi.it) e Aceti sottolinea che “la mancata/ritardata attuazione e/o l’attuazione a macchia di leopardo da parte delle Regioni, di leggi e/o atti di programmazione sanitaria nazionale già approvati, continua a rappresentare una tra le principali criticità dell’attuale governance del Servizio Sanitario Pubblico, che contribuisce a minare la fiducia dei cittadini nelle Istituzioni e ad aumentare le attuali disuguaglianze che già esistono tra le Regioni”.

Differenze quindi nei tempi di recepimento dove si passa dai 2 mesi della Puglia, ai 3 dell’Umbria, ai 7 dell’Emilia-Romagna, sino ad arrivare ai 33 mesi della Calabria. Ma anche nelle modalità. Ci sono recepimenti puramente formali come ad esempio quello del Molise e della Calabria e recepimenti più sostanziali con strategie e azioni puntuali per attuare concretamente i contenuti e il modello del Piano Nazionale della Cronicità. È il caso, solo per fare alcuni esempi, del Piemonte, dell’Umbria e del Veneto che lo ha recepito direttamente all’interno del proprio Piano sociosanitario regionale 2019-2023.

Secondo Aceti ad aggravare questa situazione si aggiungono anche le pesanti carenze di personale, con particolare riguardo a quello infermieristico. Tra carenze ordinarie e straordinarie di Quota 100 e pensionamenti ordinari in Campania mancheranno 8.580 infermieri, in Calabria 3.516, in Sardegna e Sicilia rispettivamente 2.740 e 8.034 unità.

Alla luce di tutto ciò secondo il portavoce FNOPI è prioritario:

  • rafforzare il ruolo del ministero della Salute di sostegno, coordinamento, indirizzo, verifica dei Lea (e relativo intervento quando necessario) nei confronti delle Regioni, anche garantendo la certezza dell’attuazione tempestiva e concreta, in tutto il territorio nazionale, delle decisioni assunte a livello nazionale anche con Accordi tra lo Stato e le Regioni;
  • conoscere il recepimento e l’attuazione sostanziale del Piano Nazionale delle Cronicità da parte delle Regioni come vero e proprio “adempimento Lea” oggetto di verifica da parte del Comitato nazionale e come indicatore da introdurre e verificare nel nuovo “Sistema nazionale di garanzia dei Lea”, che entrerà in vigore probabilmente nel 2020;
  • valorizzare e mettere a sistema su tutto il territorio nazionale la figura dell’infermiere di famiglia e di comunità (buona pratica già in alcune Regioni e con importanti risultati in termini di esiti di salute), al fine di garantire l’attuazione efficace e reale del Piano nazionale della cronicità e per portare nelle case delle persone il Servizio Sanitario Pubblico;
  • realizzare e approvare un provvedimento nazionale che definisca gli standard qualitativi, strutturali, tecnologici dei servizi sanitari territoriali da garantire a tutti i cittadini in tutte le aree del Paese, nelle grandi città, nei piccoli centri, nelle aree interne più disagiate;
  • garantire gli incrementi del Fondo Sanitario nazionale per gli anni 2020 e 2021 così come previsto nell’ultima Legge di Bilancio e accelerare sul nuovo Patto per la Salute.