La FNOPI, Federazione Nazionale Ordini delle Professioni Infermieristiche, interviene sulla preintesa del contratto. E lo fa nella sua veste di ente pubblico, che come sussidiario dello Stato deve tutelare gli interessi garantiti e connessi all’esercizio professionale senza per questo “usurpare prerogative previste dall’ordinamento ad altri”.
Lo strumento è una lettera inviata ai vertici dell’Aran e del Comitato di settore, al Presidente del Consiglio e ai Ministri della Salute e della Pubblica Amministrazione (pubblicata sul sito www.fnopi.it) in cui si riaffermano cinque principi:
- la dignità dell’attività professionale infermieristica;
- la necessità di strumenti, come quello contrattuale, coerenti con lo sviluppo della professione. In particolare ci si riferisce alla parte relativa all’ordinamento professionale il cui contenuto deve essere congruente con le norme e il codice deontologico che definiscono gli ambiti e l’attività che lo Stato – con apposite norme – ha riconosciuto agli infermieri, al verificarsi di date condizioni;
- la necessità di regole di riferimento, come quelle contenute nella parte normativa del contratto, che possano facilitare o siano di supporto alla declinazione operativa delle potenzialità professionali;
- la necessità di riscontri anche di valorizzazione economica, contenuti nella parte “trattamento economico” del contratto. Ciò per un giusto riconoscimento della responsabilità esercitata e giuridicamente affermata dal professionista infermiere nell’attività assistenziale, ma anche in quella connessa ad eventuali incarichi di tipo gestionale e organizzativi;
- le pari opportunità, come sancite dalla carta costituzionale, per tutti i professionisti del SSN classificati, per professionalità, responsabilità e soprattutto per le finalità della loro attività nel ruolo sanitario. Ci si riferisce al diritto della libera professione riconosciuta ad alcuni professionisti, ma non agli infermieri.
Motivo dell’intervento è che le previsioni normative contenute nel contratto, in particolare per la parte relativa all’organizzazione, non possono non valorizzare l’esperienza e la competenza acquisita nel tempo dai professionisti impegnati nella “difficile quanto fondamentale attività a valenza organizzativa”.
Tre le proposte FNOPI, la prima riguarda il sistema di classificazione professionale che non va bene secondo il criterio di “area prestazionale” perché allontana la presa in carico del paziente e quindi “si chiede di non procedere nell’inserimento nel sistema di altre sovra categorie che possono generare solo confusione nei ruoli”.
Importante secondo la FNOPI è codificare uno sviluppo dei professionisti “orizzontale” ma anche “verticale”, in relazione alle aumentate responsabilità che il sistema richiede al personale infermieristico impegnato sia nella clinica che nell’organizzazione.
La seconda è sulla definizione degli incarichi di funzione che deve essere garantita a tutti gli infermieri attualmente in categoria D, ma anche Ds, mentre nella preintesa non è chiaramente esplicitata.
La funzione di coordinamento deve trovare una specifica previsione regolamentare in relazione all’articolazione aziendale e agli snodi organizzativi necessari per il raggiungimento di specifici obiettivi e si conferma la necessità degli incarichi di professionista esperto e specialista. La graduazione, dal punto di vista economico, dovrà tener conto della responsabilità delle due tipologie di incarichi e di cui la formazione stessa costituisce un chiaro elemento di differenziazione (formazione regionale, master ai sensi della legge 43/2006). Per quanta riguarda il conferimento, poi, la FNOPI chiede che si mutuino le stesse regole utilizzate per l’attribuzione degli incarichi organizzativi o professionali ai dirigenti sanitari: una nuova procedura selettiva rischia un dispendio di inutili energie oltre che generare un senso di frustrazione ai professionisti con cui l’azienda ha collaborato e ha condiviso la possibilità di raggiungere obiettivi definiti.
La terza riguarda l’organizzazione del lavoro. FNOPI è chiara: nessuna norma che direttamente o indirettamente porta alla disapplicazione del Dlgs 66/2003 è accettabile. Se tale normativa è stata adottata a tutela della salute dei lavoratori, non può essere lo stesso SSN che persegue la tutela della salute dei cittadini a disapplicare le regole di organizzazione del lavoro che hanno questa finalità. E nulla è previsto per il fenomeno del grave problema delle idoneità con limitazioni, che sta assumendo una dimensione importante e in prospettiva non potrà che incrementare nella sua dimensione qualitativa e quantitativa.
E infine, l’obbligo formativo per disporre di professionisti aggiornati e competenti non può riservare ad alcuni dipendenti la possibilità di una riserva oraria (dirigenza sanitaria) e negarla ad altri pur sempre dipendenti. Se l’obbligo è comune, anche i mezzi per assolverlo devono essere identici.