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Piano nazionale cronicità: il primo vero esempio di multi professionalità per gli infermieri

Il Piano nazionale cronicità rappresenta il primo vero adeguamento del Sistema Sanitario alle evidenze epidemiologiche emerse negli ultimi anni e la Cabina di Regia da poco costituita, di cui FNOPI fa parte, è il forse il primo vero esempio di multiprofessionalità che mette al centro il paziente: medici, dirigenti sanitari, infermieri e altri professionisti della salute, assieme ai cittadini e alle rappresentanze dei malati cronici,  riconoscono gli specifici campi di intervento, autonomia e responsabilità e garantiscono unitarietà dei percorsi di cura e di assistenza attraverso l’integrazione multiprofessionale degli obiettivi anche tramite criteri di verifica e di valutazione degli esiti e dei risultati.

Per quel che riguarda gli infermieri – ha affermato all’incontro promosso da Cittadinazattiva Beatrice Mazzoleni, segreteria della Federazione degli Infermieri e che a nome di questa è componente della cabina di regia – , il Piano cronicità ha come obiettivo promuovere interventi basati sulla unitarietà di approccio, centrato sulla persona e orientato su una migliore organizzazione dei servizi e una piena responsabilizzazione di tutti gli attori dell’assistenza per contribuire al miglioramento della tutela per le persone affette da malattie croniche, riducendone il peso sull’individuo, sulla sua famiglia e sul contesto sociale, migliorando la qualità di vita, rendendo più efficaci ed efficienti i servizi sanitari in termini di prevenzione e assistenza e assicurando maggiore uniformità ed equità di accesso ai cittadini”.

Tutti i ruoli professionali in definitiva – spiega la Mazzoleni –  dovranno adattarsi ai nuovi percorsi che fanno parte di compiti e ruoli che gli infermieri svolgono ogni giorno, sono caratteristici della loro professionalità e della loro mission di ‘prendersi cura’ delle persone. Non dimentichiamo l’evoluzione che proprio in questo senso sta avendo la figura ad esempio dell’infermiere di famiglia in molte Regioni benchmark e anche di quello di comunità, utili proprio a rispondere ai bisogni dei cittadini, anche se la carenza di organici non aiuta uno sviluppo veloce di queste figure”.

E per questo la Mazzoleni ha sottolineato la necessità di un cambio culturale, “una visione più ampia e coraggiosa che preveda un più ampio e appropriato utilizzo degli infermieri, delle loro competenze e del potenziale inutilizzato da rilanciare con le nuove specializzazioni che vanno programmate”.

Secondo la segretaria della Federazione va anche rivisto il rapporto tra infermieri e abitanti, oggi troppo basso per garantire un’assistenza efficace e quello dei docenti infermieri che dovrebbero essere molti di più: “La carenza strutturale di docenti infermieri impatta sullo sviluppo disciplinare che può contare solo su docenti a contratto annuale”.

Per potenziare l’assistenza che i cronici richiedono, la Mazzoleni ha ricordato anche la necessità di sviluppare posizionamenti politico/professionali su tematiche, quali, ad esempio, lo skill mix change (cioè la modifica della composizione professionale del personale, già attuata in Paesi quali Stati Uniti e Gran Bretagna e indicata come priorità da numerosi studi recenti, tra cui il rapporto Oasi del Cergas Bocconi) , i missed care (la misurazione degli esiti anche infermieristici), i Nursing Sensitive Outcomes (NSO),  per consolidare il contribuito dell’assistenza infermieristica nel percorso di cura del paziente già attuato con successo in alcune Regioni benchmark italiane.

Da non tralasciare poi le evidenze fin qui consolidate, come ad esempio l’ultima in ordine di tempo, scritta nel documento all’esame della Stato-Regioni che indica la strutturazione dell’ospedale di comunità, strumento fondamentale assieme a un reale sviluppo dell’assistenza domiciliare integrata, per far fronte ai bisogni di salute nella cronicità.

Nell’ospedale di comunità la responsabilità organizzativa e gestionale di ogni singolo modulo è del coordinatore infermieristico e all’infermiere spetta la responsabilità assistenziale secondo le proprie competenze e l’assistenza/sorveglianza sanitaria infermieristica è garantita nelle 24 ore.

Di questa architettura – continua la Mazzoleni –  i Pdta, cioè i percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali, dove, in quelli già disegnati, l’infermiere è sempre in prima linea nell’assistenza,  sono il braccio operativo. Ma soprattutto sono gli strumenti che, al netto delle naturali e necessarie diversità regionali, consentono di garantire equità e accesso e al contempo di evitare frammentazione e disuguaglianze”.

Oggi però – e qui entra in gioco la cabina di regia – sono sviluppati e recepiti in circa il 30% delle aziende sanitarie italiane e di queste il 90% li ha attivati. In tutto, come riporta Cittadinanzattiva, sono 116.

In questo senso – aggiunge la Mazzoleniuno dei primi obiettivi da realizzare sarà proprio quello di guidare e gestire gli interventi previsti dal Piano definendo una tempistica per la realizzazione degli obiettivi prioritari, coordinando a livello centrale le attività per il loro raggiungimento e monitorando la realizzazione dei risultati.

Il Piano nazionale cronicità non funziona ovunque allo stesso modo, anche se la cronicità non fa distinzioni geografiche e, certo, burocratiche. L’attuazione completa e omogenea del Piano e dei Pdta, primo e più importante presupposto perché abbia efficacia e perché siano tutelate le fragilità come è previsto, e di tutto ciò che deve esserne corollario per garantire la continuità dell’assistenza è il nostro obiettivo come cabina di regia. Obiettivo a breve termine – conclude la responsabile FNOPI – che deve essere implementato e raggiunto in fretta perché cronicità e non autosufficienza evolvono rapidamente e ogni anno migliaia di persone si aggiungono alla liste di quelle che vanno tutelate secondo il nuovo modello di assistenza”.

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